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Gallerista-editore, il primo a credere in Lucio Fontana: Carlo Cardazzo

Autrice: Cristiana Campanini - Art Around

 

Una cometa luminosa, il viaggio di Carlo Cardazzo nell’arte e nella poesia contemporanea. Con scaltrezza e con amore.

«Non bara e non specula e soprattutto non svende per fare affari», scriveva Leonardo Sinisgalli dell’amico Carlo Cardazzo (1908-1963). In questa breve nota, a delineare l’anatomia di un gallerista, affiora la concretezza appassionata e la furente determinazione, tra arte e letteratura di Cardazzo, gallerista-editore, intellettuale a tutto tondo, appassionato di musica e di poesia.

«Senza indulgere mai a eccessive convenienze e simpatie o snobbismi (…). Con scaltrezza e con amore», concludeva questo critico d’arte e scrittore (poeta-ingegnere com’era definito per le due anime, umanistica e scientifica). Le sue poesie furono tra i primi scritti pubblicati da Cardazzo nelle Edizioni del Cavallino fondate nel 1934, accanto ai testi di Apollinaire, Paul Éluard, Alfred Jarry, Paul Valéry, il primo manifesto del Surrealismo di André Breton (nelle prime edizioni italiane).

(1961_515). Vetrine della Galleria del Cavallino con la mostra Foulards del Cavallino, 1959. Fondo Cardazzo, courtesy Fondazione Cini.

Il padre, Vincenzo Cardazzo, costruttore edile, era collezionista. La casa di famiglia a Venezia, in Calle Ragusei, era salotto d'intellettuali, musicisti e scrittori. Acquistava la sua prima opera a soli 18 anni (un dipinto di de Pisis), per guardare poi al Novecento e all’avanguardia italiana (Carrà, Campigli, Soffici, Manzù). Il fiuto per i talenti si sposava a una generosità ma anche a una perspicacia innata nel cogliere le debolezze degli artisti. Questo lo porta giovanissimo ad azzardare l'acquisto (con il sostegno del padre), dell’intero studio, fitto di dipinti, di de Pisis, che allora aspirava solo a trasferirsi a Parigi.

Nel 1942 intercetta anche “l’architetto più moderno di Venezia” (a breve coinvolto ai Giardini della Biennale di Venezia). E lo arruola per disegnare la sua Galleria del Cavallino, in Riva degli Schiavoni.

Pieghevole-catalogo mostra di Fontana, 1957. Fondo Cardazzo, courtesy Fondazione Cini.
Frontespizio di Capogrossi di Corrado Cagli, Edizioni del Cavallino 1950. Fondo Cardazzo, courtesy Fondazione Cini.
Pieghevole-catalogo mostra Foulards del Cavallino, 1959. Fondo Cardazzo, courtesy Fondazione Cini.

Nel 1946 sbarca a Milano, in via Manzoni 45, con la Galleria del Naviglio. In fretta diventa l’eminenza grigia dello Spazialismo, primo regista con Lucio Fontana.

Nel gennaio del 1949 espone il primo ambiente spaziale, un arabesco a luce nera ultravioletta.

«Né pittura né scultura, forma luminosa nello spazio – libertà emotiva dello spettatore», sintetizzava Lucio Fontana in una lettere indirizzata a Gio Ponti. Questo evento cambia la storia dell’arte in soli sei giorni. La cadenza mitragliante delle mostre gli permette di spalancare un ventaglio di opportunità e di sperimentazioni infinite agli occhi dei suoi collezionisti, dall’avanguardia al Surrealismo, dallo Spazialismo all’Informale, da Balla a Kandinskij, da Léger a Picasso, e poi Matisse, Miró, Brauner, Vedova, Tancredi. Ma anche di guardare oltre le discipline e i generi, ai multipli, ai disegni di scrittori italiani oppure ai bozzetti di scenografie teatrali. E poi la grafica, i multipli, i dischi e i foulard (specialità allora della parigina Galerie Maeght).

(1952-241). Carlo Cardazzo con Roberto Crippa, Tancredi e Gianni Dova sulle scale del Teatro La Fenice, Venezia 1952. Fondo Cardazzo, courtesy Fondazione Cini.
Lettera di Giorgio Morandi a Carlo Cardazzo del 19 dicembre 1940. Fondo Cardazzo, courtesy Fondazione Cini.

Sono oltre mille le mostre da lui organizzate, con il fratello Renato Cardazzo. Il ritmo frenetico gli permette di lanciare anche Capogrossi, Tancredi, Jorn e un giovanissimo Mimmo Rotella. Ma anche di tracciare un solco, quando porta nel 1950 a Milano l’americano Jackson Pollock (già operativo dal 1947 in patria). La lezione del dripping è colta al volo dai più giovani frequentatori della galleria, come Gianni Dova. Con altre realtà di rottura, come Apollinaire o Il Milione, amplia gli orizzonti di ricerca del sistema espositivo privato di quegli anni. Il Naviglio, insomma, scuote il mercato milanese portando giganti americani come Cy Twombly, Franz Kline, grazie anche alla profonda amicizia con Peggy Guggenheim. A sua volta la collezionista americana, che in lui riponeva una fiducia cieca, inizia a instillare la passione per gli artisti italiani.

Insomma, è stato il “doge del mercato dell’arte”, un vulcano di mostre, ma anche d’iniziative editoriali, di relazioni profonde, di espedienti di marketing come i foulard d’artista in un centinaio di esemplari oppure la moltiplicazione delle sedi, con l’apertura a Roma di Galleria Selecta fino al 1960.

Per vent’anni è stato il compagno di una scrittrice e artista dal taglio ruvido e politico come Milena Milani (pioniera del femminismo).

Scomparso a soli 55 anni, nel 1963, traccia un viaggio unico tra arte e vita.

Carlo Cardazzo alla Galleria del Naviglio 1962. Fondo Cardazzo, courtesy Fondazione Cini.